Alessandra Spada
Gaia degli Alberi – Solferino

Il libro di cui vi parliamo oggi – Gaia degli alberi di Alessandra Spada – si apre con un’immagine di potente bellezza, che ci riporta immediatamente all’infanzia: una bambina abbracciata al tronco di un albero, a cavalcioni di un ramo. Sa di passato, di cose antiche, di ricordi e di esperienze che si ripetono “uguali” in epoche e luoghi diversi. Ed è questa la prima delle ricchezze che si schiudono alla lettura di questo romanzo per ragazzi, che parla però a tutti: di un tema scottante come lo sono gli effetti del cambiamento climatico e della presenza dell’uomo sul pianeta; della straordinaria, imprescindibile importanza degli alberi; e della possibilità di riscatto che abbiamo, di poter agire per invertire la tendenza, se solo sapremo cogliere per davvero il grido di allarme che i boschi ci stanno lanciando…

In un mondo ‘salvato dai ragazzini’ sono quattro le protagoniste del libro, quattro giovani Gaia, che oltre ad avere il nome di battesimo in comune (e i soprannomi in qualche misura) condividono anche una passione, un legame particolare, un dono-talento unico e straordinario: saper ascoltare gli alberi, saper cogliere il messaggio che hanno da darci e da dirci.
Le quattro ragazzine arrivano a conoscersi – non vi sveleremo come, fa parte dell’avvincente trama della storia – per convergere verso un unico scopo: aiutare le foreste a ritrovare gli antichi splendori, le connessioni recondite, l’armonia con l’uomo.

Abbiamo parlato di quattro protagoniste, ma forse il vero centro gravitazionale del libro è la maestosità ed essenzialità degli alberi, veri regolatori dell’orologio universale. Per parlarne e conoscere la genesi e l’ispirazione di questo romanzo, abbiamo incontrato l’autrice, Alessandra Spada.

Come è nato questo libro, pervaso dalla bellezza e dall’importanza degli alberi? Quale l’ispirazione?

È davvero una storia lunga, che mi portavo dentro a pezzi da tanto. Ho incominciato a leggere prima dell’inizio della scuola, ma scrivere è un’altra cosa, non mi sono mai autorizzata a pensare potesse diventare il mio mestiere, fino a quando non sono emigrata. Sono arrivata alla scrittura, emigrando:
nel 2015 mi sono trasferita in Svizzera con la mia famiglia, i miei tre figli, uno iato non semplice, e la scrittura è arrivata come una risorsa, una salvezza. Reinventarsi in un paese nuovo, approfittare di questa cesura in maniera positiva – cercando modelli femminili meno stereotipati di quelli che ci passavano fra le mani nella letteratura per ragazzi – mi è anche servito per riconciliarmi con il paese dove sono venuta a vivere, un paese che ti inonda con la sua bellezza ma che è comunque per chi ci arriva un paese ‘altro’. E conoscerlo attraverso l’ambientazione delle mie storie è stata una chiave di volta molto utile e interessante.
Devo anche dire grazie a Pro Helvetia, la fondazione che attraverso un bando con una borsa di studio ha finanziato il lavoro di ricerca che sta dietro a Gaia degli alberi. E “galeotto” fu un articolo di Stefano Mancuso sulla comunicazione tra le piante, l’inizio di un lungo percorso di ricerca che ha dato origine al libro. Quasi tre anni, Covid compreso, mi ci sono voluti per scriverlo. Per i ragazzi mi sembrava giusto avere e dare un orizzonte di positività, uscire dalla cupezza, immaginare di poter fare qualcosa, partendo da noi stessi.

E poi il disegno: nella mia vita c’è anche questo, sono architetta, e ho sempre disegnato alberi… così tra le pagine, c’è stato posto anche per loro. Più approfondivo la conoscenza degli alberi, più mi sembrava scorretto renderli antropomorfi per farli comunicare: una lingua più rarefatta, una lingua che galleggia nella pagina mi è sembrata il giusto escamotage per restituire la loro alterità, la loro lentezza, il loro ritmo.

Un romanzo che sembra scritto per essere consegnato alle nuove, future generazioni. Quanto conta vivere a stretto contatto con la natura negli anni della formazione?

Assolutamente imprescindibile il contatto con la natura, un contatto salutare a tutte le età, e in età di formazione a maggior ragione. E’ la cosa che ci ha fatto più impressione quando siamo arrivati in Svizzera. L’ora di ginnastica quando si può si tiene all’aperto, si va nei boschi. Il regolamento della scuola primaria in una pagina: la ricreazione si tiene all’aperto, si sta fuori. L’idea che nelle città europee ci possano essere dei boschi mi spiace sia ancora considerata innovativa, quando dovrebbe essere assodata. Piantare delle vere foreste nelle città dovrebbe essere un mantra, foreste anche non necessariamente fruibili. Ricostruire la rete verde, attraverso rappezzi, corridoi, in un lavoro che chiamerei di ricucitura del territorio, è il mio sogno da quando facevo l’architetto.

Una storia molto contemporanea la sua, che parla del destino del nostro pianeta attraverso la lente dell’ambiente, ma anche dell’importanza di avere buoni maestri e buoni amici. Cosa ci dice in proposito?

La foresta insegna che da soli non si va da nessuna parte; per cui potrei aggiungere – oltre ai buoni maestri e agli amici – l’idea di comunità, anche nel senso di passaggio di testimone tra generazioni (costruire un’alleanza tra generazioni è una delle mie fisse da insegnante). Potremmo anche usare la parola famiglia, nel senso più ampio possibile, in cui ci sono le persone con cui si vuol condividere la strada e l’idea del prendersi cura, che è sicuramente un messaggio che vorrei passasse. In questo senso le foreste hanno tantissimo da insegnarci per rimettere in forma le nostre comunità, con questa immagine molto forte delle piante giovani che si preparano alla corsa per la luce, protette dall’ombra dell’albero madre, e del passaggio del testimone (quando un albero muore, passa tutto se stesso al bosco, agli alberi che seguiranno).

Illustrazione tratta dal libro

↑ Illustrazione tratta dal libro "Gaia degli alberi" di Alessandra Spada, Solferino 2022

Quanto delle Gaia protagoniste del libro c’è in lei?

Non so se sarò mai capace di fare una sola protagonista nei miei libri! Ci sono così tante caratteristiche, così tante sfaccettature che mi è piaciuto distribuirle in più personaggi, ho un po’ di pudore a trovare me stessa in un solo personaggio… Ci sono scampoli di memoria e di ricordi in più personaggi, ma senza farne una traduzione letterale. E un cocktail dei giovani che ho incontrato sulla mia strada, momenti di vita, studenti, amici. Un denso, colorato, amorevole patchwork.

Il libro si chiude (ma resta aperto) con un messaggio chiave: l’importanza del saper aspettare il tempo giusto, della pazienza, che è anche la pazienza delle piante. Ci sarà un sequel?

Un sequel non lo so ancora, ma l’apertura che avete percepito sì, e non è tanto un’apertura in senso letterario, quanto il senso proprio di innescare un incoraggiamento al futuro. Idealmente e potenzialmente potremmo avere delle ragazze e dei ragazzi “Gaia”, con queste straordinarie capacità, un po’ ovunque. Sapersi mettere in rete, guardarli, ascoltarli aiuta a mantenere alto il morale, il cuore aperto, le orecchie attente.
Al di là del tutto e subito (il mondo è così, con la sua impazienza e i “devo fare, devo concretizzare”) qualche volta si tratta di mollare un attimo le cose e lasciarle germogliare quando è il loro momento. Come è stato per me questo libro.