Giuseppe Barbera
Abbracciare gli alberi – Il Saggiatore

«Conosci un modo di esistere più saggio, e foriero di buone azioni?». Si abbraccia un amico, un fratello, un genitore e un figlio. Si abbraccia una fede e una causa – con lo sguardo, si abbraccia perfino un intero paesaggio.
E si abbraccia anche un albero: proprio da questa pratica si dipana Abbracciare gli alberi di Giuseppe Barbera, edito da Mondadori nel 2009 e ripubblicato nel 2017 da Il Saggiatore, in un’edizione generosamente ampliata e rivista. La nuova versione compie come un nuovo anello, come un tronco, cresce concentrica: se inizialmente si partiva dal movimento chipko, protesta nonviolenta e di resistenza passiva nata in India, incarnata da donne manifestanti che si aggrappavano ad alberi in pericolo per impedirne l’abbattimento e la deforestazione, il patto con gli alberi richiesto dall’oggi è ancora diverso. Che cosa è cambiato? Forse solamente la nostra consapevolezza: gli alberi sono il nostro maggiore alleato per garantire la sopravvivenza della specie, e contenere il riscaldamento climatico.

Abbracciamo gli alberi, dunque, e troviamo in loro protezione; o abbracciamo gli alberi, realizzando fisicamente quell’intreccio che in realtà già esiste, ed è lungo tutta la nostra storia e cultura. A questa interconnessione è infatti dedicato il primo capitolo, in cui Barbera – docente di Colture arboree presso l’Università di Palermo ed esperto di sistemi e paesaggi agroforestali del Mediterraneo – compie una ricognizione della cultura classica e moderna. Tra le pagine di Ovidio, Virgilio, Rilke, Goethe, Čechov e Huxley è infatti facile intravvedere del verde fogliame, radici contorte, e storie d’incontri con vegetali esemplari se non simbolici. Siamo da sempre stati abbracciati agli alberi, e abbracciati dagli alberi. E questo la letteratura lo sa bene: «è la corteccia degli alberi, il liber latino, che qualcuno trasse dal tronco per tracciare parole su una superficie più agevole di quella offerta dall’argilla, ad aver permesso che gli atti del coltivare e del prendersi cura fossero estesi dalla terra all’animo umano».

Ma i motivi per stendere le proprie braccia e avvolgerle ai tronchi rugosi, circondandoli in una affettuosa stretta, non sono solo da rintracciare nello spirito. Sono offerti da altri numerosi campi, e dai campi tout court. Ecco che Barbera ci racconta le pratiche agricole sin dai loro albori: gli alberi ci hanno da sempre sostentato, e, di converso, molte specie vegetali si sono legate all’uomo per sopravvivere, moltiplicarsi, evolversi e viaggiare. Selvicoltura, arboricoltura e tutte le tecniche agricole testimoniano di questa profonda, e radicale, alleanza – un abbraccio, allora, sarà anche di riconoscenza per questo sempre copioso nutrimento dalle piante offerto.

Dipartiti dagli alberi del frutteto, incontriamo ancora alberi in giardino, in città, nel paesaggio e nei boschi. Barbera ricorda un interrogativo che Tolstoj poneva in Anna Karenina: «come contare gli alberi?». Nel tentativo di farne ricognizione ci accorgiamo rapidamente che gli alberi dappertutto ci circondano! Ma soprattutto ci proteggono, con la loro fondamentale funzione negli ecosistemi. Magistrali nel controllare i cicli dell’acqua e del carbonio, migliorano la qualità dell’aria e tengono a bada le temperature: prevengono rischi idro-geologici, e contribuiscono al nostro benessere psico-fisico. Anche per questo Abbracciare gli alberi non si limita ad affondare radici nel nostro passato, ma guarda anche (a volte criticamente) al presente, e si appella al futuro. La funzione ambientale degli alberi non può infatti essere trascurata, e in questo senso l’autore elogia le numerose pratiche di riforestazione urbana (e non) che un po’ tutto il mondo ha recentemente visto sbocciare.

«Bisogna fare come L’uomo che piantava gli alberi di Jean Giono, il quale aveva pensato che “il paese sarebbe morto per mancanza di alberi” e iniziò a piantarli da solo giorno dopo giorno, anno dopo anno: poi vennero boschi, frutteti, giardini, paesaggi, uccelli api e pecore, e l’uomo non si trovò più solo ad affrontare le difficili sfide del futuro» .