Abbiamo incontrato e intervistato il gruppo di ricerca che ha dato vita a Forestami: un affiatato ensemble di ricercatori che ha fornito un contributo sostanziale alla nascita dell’ambizioso progetto di forestazione urbana, gettando le basi scientifiche di un lavoro che si è sviluppato su un primo arco temporale (2018-2020) e che crescerà nel prossimo biennio, focalizzandosi su un ulteriore set di obiettivi.

Insieme a Maria Chiara Pastore, Direttore Scientifico Forestami, lavorano Daniela Gambino, Luis Pimentel, Livia Shamir, con Eugenio Morello, responsabile di Labsimurb (Laboratorio di Simulazione Urbana Fausto Curti / Dept. of Architecture and Urban Studies).

Da sinistra: Livia Shamir, Luis Pimentel, Maria Chiara Pastore, Eugenio Morello, Daniela Gambino.

↑ Da sinistra: Livia Shamir, Luis Pimentel, Maria Chiara Pastore, Eugenio Morello, Daniela Gambino.

A Maria Chiara Pastore abbiamo chiesto quali sono stati gli esordi, le premesse alla base della ricerca, un lavoro importante e significativo per il futuro del territorio milanese.

Era l’inverno del 2018 e, come in moltissimi inverni, la Città metropolitana di Milano viveva un’emergenza ambientale: il tema dell’inquinamento dell’aria era sui giornali, ed era di grande importanza per l’agenda della Città metropolitana e del Comune di Milano. Insieme, Comune di Milano, Città metropolitana, Parco Agricolo Sud Milano e Parco Nord – a cui si è aggiunto poi ERSAF – hanno pensato di firmare un protocollo d’intesa, insieme al Politecnico di Milano, per studiare le possibilità che la forestazione urbana potessero avere, nel tentativo di abbassare l’inquinamento atmosferico. Abbiamo iniziato a lavorare insieme, per piantare tre milioni di alberi nella Città metropolitana entro il 2030, persuasi che la forestazione urbana fosse uno dei modi che abbiamo (il più economico!) per sequestrare il carbonio e le polveri sottili, e quindi migliorare la qualità dell’aria.

Ascolta l’intervista a Maria Chiara Pastore:

Da subito avete pensato all’aspetto della divulgazione. Quali sono state le riflessioni per la “traduzione” della mappatura scientifica nel suo racconto per un pubblico più ampio?

Far comprendere la ricerca in generale è molto importante per un’istituzione accademica: noi non produciamo una ricerca che deve rimanere nei cassetti, oppure sugli scaffali di una biblioteca: dobbiamo raccontare, e Forestami vuole proprio fare questo.

Perché abbiamo bisogno degli alberi? Noi lo studiamo scientificamente, ma le persone lo devono sapere. Devono sapere che cosa fanno gli alberi, e che cosa stiamo facendo noi, in modo da poter contribuire al cambiamento culturale facendo parte di un grande movimento per la protezione degli spazi verdi, per la richiesta di nuovi spazi verdi; o, per esempio, più semplicemente donando un albero. E questo, se non facessimo uno sforzo di racconto e di comprensione di tutto quello che facciamo, sarebbe vano.

Per questo abbiamo costruito un sito che racconta quello che facciamo, racconta le mappe e racconta il lavoro. Se qualcuno vuole approfondire e studiare di più, ci sono tutti i materiali fruibili; così come se qualcuno vuole conoscere piccole pillole, una parte del lavoro, lo può fare, sempre attraverso il nostro sito. Questo è lo sforzo che la ricerca deve sempre fare, e che il gruppo di ricerca del Politecnico di Milano – del Dipartimento di Architettura e Studi Urbani – si è posto come obiettivo.

Al professor Eugenio Morello – che guida Labsimurb, il Laboratorio di Simulazione Urbana Fausto Curti del Politecnico di Milano – abbiamo chiesto di raccontarci quali sono le mappature presenti nella Ricerca e perché sono così strategiche per un progetto di forestazione urbana.

Il progetto di forestazione urbana Forestami nasce con un obiettivo ambizioso: tre milioni di alberi entro il 2030. La prima operazione che ci siamo posti è stata quella di ricostruire lo stato di fatto: la prima mappatura ha riguardato infatti la ricostruzione dello stato di fatto delle alberature di Milano e Città metropolitana. È stata sicuramente un’operazione complessa, con l’obiettivo di stimare la chioma arborea attraverso immagini satellitari. Abbiamo utilizzato le immagini a disposizione – accessibili e gratuite – e abbiamo ricostruito una stima, consistente in dieci milioni di alberi (questo vuol dire, sostanzialmente, che l’obiettivo di tre milioni consiste nell’aumentare del circa 30% questa alberatura). Abbiamo lavorato alla stima delle chiome degli alberi, e in parallelo anche a una stima del numero degli alberi stessi. Questo per quanto riguarda lo stato di fatto.

Poi abbiamo invece costruito un secondo set di mappature, che riguardano gli scenari potenziali. Siamo andati a investigare quali terreni e quali luoghi, in Città metropolitana, potessero ospitare nuove piantumazioni. In concreto, abbiamo analizzato tutta una serie di database di usi del suolo, e abbiamo poi ricostruito uno scenario potenziale, in realtà due: uno ottimista, diciamo avanzato, in cui abbiamo stabilito in sei milioni di alberi il potenziale massimo, e l’altro di tre milioni di alberi. Abbiamo cercato di identificare dove, in maniera realistica, collocare questi tre milioni di alberi. È venuto fuori che, appunto, ci sono alcune aree maggiormente deputate ad accogliere nuove piantagioni, tra cui i pascoli incolti (quindi in Città Metropolitana, le aree verdi); le cave di Città metropolitana offrono un ottimo potenziale, se rinaturalizzate. E poi tutte le aree dismesse, industriali e commerciali.

Ci sono poi altri luoghi che hanno una valenza quantitativa minore – penso alle scuole, agli ospedali e alle università – che daranno un contributo quantitativo molto piccolo, ma che sono importanti dal punto di vista simbolico e sociale, perché coinvolgeranno maggiormente la popolazione.

Guarda l’intervista al prof. Morello:

L’intervista al gruppo della Ricerca Forestami prosegue, con gli interventi di Luis Pimentel e Livia Shamir.