In occasione del 5 giugno, Giornata Mondiale dell’Ambiente, pubblichiamo la seconda parte dell’intervista al prof. Labra.

Professore, che cosa può rappresentare Vivaio Bicocca per i cittadini?

Il Vivaio Bicocca rappresenta un’occasione unica per la cittadinanza, non solo per capire che qui c’è uno spazio verde, ma anche per imparare a gestire la biodiversità, ad adottare la biodiversità. Se davvero vogliamo una città verde, dobbiamo anche imparare a prenderci la responsabilità di gestire questo verde un po’ tutti insieme: ognuno con le proprie competenze, il proprio tempo, le proprie possibilità. Ecco: uno spazio per la città e della città; questo dovrebbe essere secondo me il vivaio Bicocca, e in generale la forestazione urbana che stiamo portando avanti con Forestami.

Qui la video-intervista al prof. Labra:

Quali alberi sono presenti all’interno del Vivaio?

Nel Vivaio Bicocca sono stati individuati degli alberi iconici per età, significato e fascino naturale, considerati dei veri e propri pilastri verdi di questo spazio. Provengono da tutto il globo, come illustrato nella mappa indicativa della loro distribuzione nativa che abbiamo realizzato. Cedri dell’Atlante con più di 60 anni ‘sui rami’, faggi europei di 40-50 anni, un magnifico esemplare di Liquidambar di circa 70 anni, esemplari di Gingko Biloba in filare, e poi il bellissimo querceto (Quercus cerris e quercus rubra ma non solo) con individui maturi di più di 60 anni. E poi cipressi, lecci, tigli… ma non vi diciamo tutto e vi invitiamo a venirli a scoprire in loco.

Visita il sito di Vivaio Bicocca

Ci ha parlato di progettazione partecipata, ce la può spiegare in parole semplici?

Fatemi fare un po’ il prof… la Comunità Europea la chiama Responsible Research and Innovation: una ricerca innovativa e responsabile. Perché deve essere innovativa e responsabile? Perché qualsiasi cosa noi facciamo nei nostri laboratori – miscele strane, ricerche, esperimenti – devono portare un valore sociale. E se devono portare un valore sociale, è giusto che i cittadini e le persone vengano coinvolte nella fase iniziale della progettazione della nostra ricerca, che partecipino all’evoluzione della nostra ricerca e poi possano anche decidere, insieme a noi, quali sono gli impatti.

Allora, vediamo… potrei decidere un nuovo tipo di energia, un nuovo tipo di materiale, un nuovo tipo di alimento: di questo parliamone insieme. Come? Ci sono tanti modi: delle metodologie molto sofisticate, ma già semplicemente porre il tema al centro del nostro dibattito è fondamentale: abbiamo questo problema, come lo vogliamo affrontare?  Lo scienziato può dire: c’è questa tecnologia, quest’altra; l’imprenditore può dire: questa cosa è troppo costosa, inquinante e non passerà mai. Il politico può dire: va bene questa! E così l’uomo d’istituzione… alla fine, cerchiamo un posizionamento comune. Questo sarà il nostro protocollo per trasformare la nostra ricerca d’innovazione.

Alberi che potrebbero riconquistare spazio e rendere più verdi e sane le nostre città. Cosa ci dice della depavimentazione?

Depavimentare, possiamo dirlo, è l’obiettivo di questo grande momento post-pandemia. Abbiamo capito quanto ci sono mancati gli spazi aperti, gli spazi verdi. Un po’, in qualche modo, abbiamo anche capito che questa comodità di asfalto, poi, non è davvero così comoda. D’estate, soprattutto con i cambiamenti climatici che stiamo vivendo, abbiamo delle piazze che raggiungono 40°-50°, temperature impossibili. Mentre qui nel vivaio la temperatura è un po’ più fresca. L’obiettivo è trovare degli spazi che possiamo rigenerare: togliere la pavimentazione, togliere l’asfalto, significa ridare anima a quell’ambiente, perché ricominciano i cicli biologici del suolo, ma anche quelli dell’aria e dell’acqua: la permeabilizzazione, ecc… Allora la grande sfida del nostro Ateneo e, io mi sento di dire, del Municipio 9 (ma spero di tutti i Municipi di Milano) è quella davvero di guardare con forte interesse a riprogettare, reinventare la città con queste azioni di depavimentazione.

La depavimentazione secondo il prof. Labra:

A questo link la prima parte dell’intervista al prof. Labra.