Stefano Mancuso
La nazione delle piante – Laterza
Ne La nazione delle piante Stefano Mancuso, studioso di prestigio mondiale, docente presso l’Università di Firenze e direttore del Laboratorio Internazionale di Neurobiologia Vegetale (LINV), ribadisce la straordinaria importanza delle piante e della loro tutela da una prospettiva inedita: quella di una Costituzione delle piante, otto articoli che ci parlano di una società coesa, responsabile, genuinamente egalitaria.
Io sono verticale, ma vorrei essere orizzontale scriveva Sylvia Plath. Non sono un albero con radici nel suolo, né possiedo la beltà di un’aiuola. In modo simile, il testo di Mancuso cerca un modo per sfuggire alla verticalità – a cominciare da quella che dà forma al corpo umano che, come ogni corpo animale, si sviluppa secondo un rigido principio gerarchico, con un vertice, il cervello, a presiedere e dirigere le funzioni degli altri organi. Verticale è anche la società: quasi un corpo su più larga scala, costituito secondo un medesimo schema centralizzato: dall’ufficio all’azienda, dalla scuola al partito alla nazione tutta, ciò che consente un buon funzionamento della struttura è infatti un’organizzazione piramidale, in cui chi assume la figura di “capo” indirizza e ordina coloro che si trovano ai livelli più bassi.
Così apparentemente è sempre stato, e così sempre dovrà essere? L’ipotesi di Stefano Mancuso è che invece si possa aspirare a essere orizzontali. In che modo? Imparando proprio dalle piante: che sono sulla Terra da molto più tempo di noi, che si sono meglio adattate (rappresentano l’80% di biomassa sul pianeta, contro il nostro 0,01%!) e che probabilmente ci sopravvivranno.
Accogliere queste indicazioni “costituzionali” significa ripensarci da capo a piedi: ovvero in modo radicale, apprendendo i trucchi del mestiere di chi vive proprio mettendo radici. Se l’animale vede con gli occhi, sente con il naso, ascolta con le orecchie, la pianta non ha organi adibiti a singole mansioni, quanto competenze diffuse e decentralizzate; similmente, la sua Nazione non avrà né vertice né centro di comando, ma sarà composta da individui che vivono in condizioni di parità.
Ci dice in sostanza Mancuso che il regno vegetale difficilmente è monarchico, bensì paragonabile a un’ospitale democrazia da cui non possiamo che imparare. La Nazione delle Piante è infatti generosa e prodiga, non solo in fatto di consigli: in essa vige il rispetto di ogni vivente e di ogni comunità (passata, presente e futura); vi è consentito il libero transito, ed è favorito il mutuo appoggio. In questo peculiare Stato, che non ha confini né frontiere, viene a tutti garantito il diritto ad acqua, suolo e atmosfera puliti, mentre si vieta il consumo di risorse esauribili e dunque limitate, a sapiente tutela di chi verrà.
Seguire Mancuso significa tentare di abbandonare la visione antropocentrica della Terra, per accedere a una differente prospettiva e saggezza. Significa apprendere lo stretto e indissolubile legame che lega la vita umana a tutte le altre vite, animali e vegetali, e la delicatezza di ogni ecosistema – delicatezza che l’uomo, come ben sappiamo, sta duramente mettendo alla prova. Perché, sostiene Mancuso, è sì possibile modificare il nostro catastrofico impatto ambientale e la nostra nefasta influenza sulle altre specie, a patto di adottare lo stile di vita raffigurato dalla costituzione di questa verde Nazione.
In nome della mia ormai pluridecennale consuetudine con le piante, ho immaginato che queste care compagne di viaggio, come genitori premurosi, dopo averci reso possibile vivere, vengano a soccorrerci osservando la nostra incapacità a garantirci la sopravvivenza, suggerendoci una vera e propria costituzione su cui costruire il nostro futuro di esseri rispettosi della Terra e degli altri esseri viventi.