Città sembra fare rima con inquinamento, ma oggi sappiamo che è possibile contrastarlo. Quale ruolo gioca nei contesti urbani la presenza di verde diffuso? 

Purtroppo le nostra città – in particolare nella pianura padana – sono particolarmente problematiche dal punto di vista dell’inquinamento atmosferico. Questo perché la pianura padana, per via della sua conformazione orografica, fa sì che non ci sia circolazione d’aria – infatti su tre lati è “chiusa” dalle montagne.

Ci possono essere diversi sistemi che possono contrastare l’inquinamento, e sicuramente la riduzione è quello più efficace ed efficiente. Le piante vengono considerate come uno dei sistemi ecosistemici più economici per contrastare l’inquinamento nelle città. Quando si parla di inquinamento si parla non solo e non tanto di CO2, che è un gas climalterante, ma ci si riferisce molto a gas come l’ozono, estremamente dannoso per la salute umana e per le piante stesse, e al particolato (PM10, PM2,5, PM1). Tutte queste sostanze possono provocare danni alla salute, danni soprattutto legati all’apparato respiratorio e cardiovascolare, perché le particelle più piccole entrano negli alveoli polmonari e possono quindi causare diverse patologie, dall’asma fino all’insorgenza di tumori.

La presenza di piante – come è stato dimostrato scientificamente da una review piuttosto recente su più di 40 milioni di persone – diminuisce notevolmente l’incidenza di queste patologie sulla popolazione che vive all’interno di spazi verdi.

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Ci racconta come avviene il processo di assorbimento degli inquinanti atmosferici da parte delle piante?

È un processo fisiologico molto semplice, che sta alla base della sopravvivenza delle piante: sulle superfici fogliari ci sono piccole aperture, che si chiamano stomi, attraverso le quali la foglia assorbe anidride dall’atmosfera per – attraverso il processo fotosintetico – trasformarla in carboidrati, negli zuccheri che servono alla pianta stessa per svilupparsi. Ebbene, attraverso questo semplicissimo processo chiamato fotosintesi, si riesce ad eliminare parte della CO2 dall’atmosfera e, sempre con un processo simile, si possono contemporaneamente assorbire altri gas: ozono, i biossidi di azoto, i biossidi di zolfo.

Diverso è invece il processo dell’abbattimento delle polveri: se le polveri sono molto fini e sottili (mi viene in mente il PM1) anche queste possono essere assorbite attraverso le aperture stomatiche. Vengono poi racchiuse all’interno delle foglie, e quindi sottratte all’atmosfera. Le particelle più grandi invece vengono trattenute sulla superficie fogliare attraverso strutture come peli e tricomi, che spesso ricoprono le superfici fogliari, o vengono trattenute sulle cere che – a seconda delle diverse specie – sono presenti sulle superfici delle foglie.

Sappiamo che è difficile dare dei numeri sulla quantità di CO2 assorbita dalle piante, che non è un valore assoluto. Ci spiega perché e da cosa questo valore è condizionato? 

Questa attività di depurazione dell’aria e di assorbimento dell’anidride carbonica è specie-specifica: quindi è difficile dare un valore assoluto. Si dice generalmente che le piante possano assorbire all’anno tra i 20 e 150 kg di anidride carbonica. Perché questa differenza?

Perché molto dipende dalle dimensioni della pianta – abbiamo visto che l’apparato più funzionale consiste nelle foglie, e dunque la capacità di assorbimento dipenderà dalla biomassa fogliare. Se la pianta è piccola sarà meno efficace, se avrà un grande apparato fogliare sarà invece più efficace.

Dipende poi dalle condizioni ambientali in cui vive la pianta – se la pianta è sotto stress, o se vive in condizioni ottimali. Se la pianta è sotto stress tende a chiudere gli stomi, e non assorbe più dall’atmosfera queste sostanze volatili. È per questo che ci sono piante con una maggiore o minore capacità di assorbire l’anidride carbonica.

Tutte sono efficaci, ma ognuna con la propria specificità: possiamo avere dei tigli, dei frassini, delle querce – penso al cerro in particolare; o ancora piante come il liquidambar o il gingko biloba, che sono tutte molto efficaci nelle nostre città e nei nostri ambienti urbani.

Ci sono piante più adeguate di altre a svolgere questa funzione compensativa? Anche gli arbusti possono svolgere un ruolo?

Le piante citate finora sono tutte caducifoglie: ma è abbastanza evidente che – siccome le polveri sottili sono soprattutto presenti e concentrate nell’atmosfera durante l’inverno – sono le piante sempreverdi le più efficaci; mentre le caducifoglie sono più efficaci durante l’estate per assorbire i gas inquinanti.

Tra le piante sempreverdi, dipende anche dalle città, se del nord o del sud; è chiaro che pini, larici, abeti sono piante molto efficaci per l’assorbimento del particolato.

Ma non dimentichiamoci dell’importanza dei cespugli, che sicuramente hanno biomassa fogliare inferiore, e dunque un impatto minore nella filtrazione dell’aria, ma svolgono una funzione fondamentale.

Pensiamo a un albero: la chioma si estende e si forma a un metro e mezzo, due metri d’altezza dal suolo. Camminiamo dunque a livello del tronco dell’albero, e quindi siamo esposti maggiormente, in particolare lungo una strada trafficata, alla sorgente delle sostanze inquinanti.

Per questo prevedere di “chiudere” questo spazio vuoto lasciato dagli alberi ad altezza del tronco può fornire una barriera molto importante, che può bloccare gli inquinanti sia fisicamente (impattano contro le foglie) sia perché filtrano gli inquinanti, quindi ci proteggono quando camminiamo, o facciamo attività fisica, in una zona trafficata.

Se poi questi cespugli sono sempreverdi, l’efficacia è ancora maggiore: mi vengono in mente il viburno, il lauro, la fotinia, tutti cespugli che raggiungono dimensioni notevoli, e che possono essere utilizzati nei nostri ambienti urbani.

Uno degli scopi di Forestami è quello di diffondere la cultura del verde urbano e sensibilizzare la cittadinanza ai benefici che la presenza di alberi e arbusti può portare. Ci sono progetti speciali, esempi di divulgazione sull’efficacia delle piante da questo punto di vista?

Fortunatamente, in questi ultimi anni, la sensibilità non solo del pubblico ma anche del privato rispetto alle problematiche dell’inquinamento e alla presenza del verde urbano è aumentata: questo anche grazie a progetti che hanno fatto sì che si potesse divulgare la conoscenza di ambito scientifico. Questi progetti sono tanti, finanziati ad esempio dall’Unione Europea, o a livello nazionale.

Ne cito uno a cui ho partecipato: si chiama progetto Gaia, con il Comune di Bologna. Questo progetto aveva lo scopo di creare una partnership pubblico-privato, così che fosse anche il privato a prendersi cura dell’ambiente. In questo particolare caso, erano le aziende che sottoscrivevano un accordo con il Comune per finanziare opere di verde pubblico, a compensazione delle proprie attività antropogeniche. Questo stesso principio è stato poi anche allargato ai singoli cittadini, ad associazioni e a chiunque volesse dare il proprio contributo, a beneficio di tutta la comunità.

In questo periodo siamo chiamati a trascorrere più tempo nelle nostre case: anche all’interno delle nostre abitazioni prolifera l’inquinamento. Ci sono specie maggiormente in grado di assorbire indoor agenti inquinanti?

Si parla tanto di inquinamento atmosferico outdoor, quello delle nostre città. Ma c’è un altro killer silenzioso, l’inquinamento indoor, degli ambienti chiusi, in cui passiamo generalmente la maggior parte del nostro tempo, in casa o negli uffici. 

All’interno delle nostre case e degli uffici si sviluppano sostanze nocive, come ad esempio la formaldeide, presente nelle colle dei pavimenti e nelle colle dei nostri mobili; o l’ammoniaca e la trielina, come altre sostanze presenti nei detergenti che usiamo comunemente. Oppure si formano anche le polveri: particolato e PM. Questo di solito avviene laddove ancor oggi si fuma, o quando si cucina, o ancora dai nostri caminetti – certo molto belli, ma che bruciando legna creano pulviscolo. Si inquina anche nei nostri uffici, laddove abbiamo una stampante o un computer, con presenza di xilene e toluene. 

Ebbene, cosa possiamo fare? Chiaramente, se apriamo le finestre, il ricircolo d’aria fa sì che la concentrazione di queste sostanze nelle nostre case e uffici diminuisca.

Ma anche le piante in questo caso ci danno una mano: tutti noi, almeno spero, abbiamo piante ornamentali in casa. Con lo stesso principio delle piante che crescono all’esterno, anche le piante che abbiamo in casa, sempre attraverso le foglie, possono assorbire queste sostanze inquinanti. 

Come mi piace sempre dire, tutte le piante ci portano un beneficio, sia in casa che all’esterno. Gli anthurium, lo spathiphyllum, il pothos, la pianta della felicità, o le felci che possono vivere anche in ambienti umidi – tutte piante che comunemente abbiamo nelle nostre case – ci possono dare una grossa mano.

Questo anche di notte: abbiamo sempre avuto la tendenza a non mettere piante in camera da letto, per evitare (come sappiamo, di notte le piante respirano ed emettono anidride carbonica) che ci potesse essere un aumento di questo gas nelle nostre camere da letto.

Ebbene, ci sono piante che anche di notte assorbono anidride carbonica, e quindi purificano la nostra aria; sono ad esempio piante come la sansevieria e l’aloe, che continuano a darci una mano anche mentre dormiamo.