Qual è il suo ruolo all’interno del comitato scientifico di Forestami?
Il mio ruolo si riallaccia a quello che faccio di professione: insegno Agronomia Coltivazioni Erbacee e Agroecologia, tutte discipline che si basano su quello che viene definito approccio sistemico. Ecco, porto la cultura dell’approccio sistemico all’interno del comitato scientifico. Piantare alberi richiama un concetto di complessità: uno più uno più uno non è una somma algebrica, ma è qualcosa di più.

Sta per partire la nuova stagione agronomica: che differenza c’è tra piantare alberi e forestare?
E quali benefici apporta un verde ben progettato, ben gestito, ben manutenuto?
Tra piantare alberi e forestare c’è differenza. Forestare vuol dire progettare – e poi prepararsi a monitorare e gestire – sistemi complessi: non solamente alberi ma piante arbustive, piante erbacee, vedere qual è la loro dinamica, quali le relazioni con il territorio, occuparsi delle connessioni che possono nascere, dei servizi che possono essere offerti dal verde, e anche degli eventuali disservizi.
Un verde ben progettato e ben gestito ci offre in sintesi l’insieme dei servizi ecosistemici, che vengono descritti in termini di fornitura, di regolazione dei cicli, di servizi culturali. La scala territoriale è importante: riuscire a osservare il sistema su scala metropolitana per vedere gli aspetti sociali, culturali e anche artistici, oltre che botanici e agronomici.
Guarda l’intervista completa al prof. Bocchi:
Quello che a prima vista può essere considerato un conflitto, una tensione tra agricoltura e foresta, tra coltivato e spontaneo, come può essere risolto nel terzo millennio?
Il conflitto tra forestazione e agricoltura viene risolto oggi con una parola, un’espressione: si parla di agroforestazione, ovvero riuscire a inserire nelle colture agrarie la presenza di alberi o arbusti, per far sistema, per moltiplicare i servizi ecosistemici di cui parlavamo. L’agroforestazione con l’agroecologia permettono di risolvere e superare questi conflitti, offrendo molte opportunità di sviluppo sostenibile in modo concreto.
Ci sono delle specificità nel territorio della Città metropolitana milanese che vanno recuperate, valorizzate, diffuse?
Le specificità dell’area milanese sono tantissime, di diversa tipologia; la prima che mi viene in mente è il rapporto tra la città e la sua campagna, questa grande città-metropoli che ha vicino, dentro di sé, il più grande parco agricolo d’Europa, il Parco Agricolo Sud, quindi il rapporto secolare da rinnovare sempre con la campagna. All’interno della città ci sono poi bellissimi parchi; ci troviamo oggi all’interno dei Giardini Pubblici; Piermarini li progettò alla fine del ‘700 con criteri che paiono oggi molto attuali. Il tema è di fare sistema tra tutte queste specificità, per raggiungere obiettivi che possono essere messi a disposizione anche di chi è meno fortunato vivendo in zone meno fornite di verde; recuperare un’uguaglianza che nel passato era più garantita per la maggior parte della cittadinanza in termini di qualità della vita.
Parte della mission di Forestami è di portare la cultura degli alberi e i vantaggi connessi alla piantagione a un livello più diffuso. Come sensibilizzare il grande pubblico alla stretta connessione tra natura e salute?
Partendo dalle scuole, con programmi di educazione ambientale, educazione allo sviluppo sostenibile, riferendomi all’Agenda 2030; e poi coinvolgendo il cittadino, la cosiddetta open science, citizen science, una scienza che è aperta a tutti, dove tutti vengono coinvolti anche in azioni; un modo di pensare e di agire, di prendersi cura di aree verdi, chiedendo sempre di più connessioni tra queste aree verdi perché – lo abbiamo visto – la salute fisica, mentale, culturale, sociale in molte città è legata alla diffusione, alla manutenzione, alla buona gestione delle aree verdi.