NOME COMUNE: IPPOCASTANO
NOME BOTANICO: AESCULUS HIPPOCASTANUM
Sembra proprio che ippocastano derivi dal greco – hyppos cavallo e kastanon castagna – alludendo all’idea che i cavalli ne mangiassero i frutti che, infatti, ricordano le castagne.
In grado di raggiungere notevoli dimensioni (fino a 30 metri di altezza), tronco vigoroso dai rigonfiamenti irregolari, ha notevoli pregi: viene considerato uno dei più grandi alberi da fiore ornamentali – dall’ampia chioma, alla copiosa fioritura primaverile, all’ombra compatta che crea – resiste alla intemperie e agli agenti inquinanti, sopporta bene le potature ed è longevo. Per queste sue caratteristiche è uno degli alberi più usati nelle alberature stradali della città metropolitana di Milano.
Le foglie sono caduche, hanno nervature pronunciate e un lungo picciolo che le unisce al ramo, dove – quando cadono – lasciano una caratteristica cicatrice a ferro di cavallo.
Le conosciamo tutti le castagne matte o castagne d’India, vero?
Molto simili alle castagne commestibili, sono contenute in una grossa capsula verde, tonda, piena di aculei – il frutto dell’ippocastano – ma hanno un sapore amaro e sono tossiche per l’uomo.
Primo Levi gli dedicò una poesia, Cuore di legno in cui parla dell’ippocastano, suo vicino di casa, definendolo ‘impostore’ per il fatto di assomigliare al suo ‘fratello di montagna’.
“Anno per anno, succhia lenti veleni
dal sottosuolo saturo di metano;
è abbeverato d’orina di cani,
le rughe del suo sughero sono intasate
dalla polvere settica dei viali;
sotto la scorza pendono, crisalidi
morte, che non saranno mai farfalle.
Eppure, nel suo tardo cuore di legno
sente e gode il tornare delle stagioni”